«Io vivo per miracolo». Parla il 16enne scampato alla strage di Monreale. Caccia ai complici di Calvaruso (che perde l’avvocato)


«Mi hanno sparato in testa. Non ho visto chi ha sparato, ho solo sentito i colpi. Sono vivo per miracolo». È la drammatica testimonianza resa oggi a TgCom24 dal ragazzo di 16 anni scampato al peggio dopo la sparatoria di sabato notte in piazza a Monreale. Il giovane, ricoverato all’ospedale Ingrassia, ha una ferita alla testa ma non è in pericolo di vita. Assicura di non aver partecipato alla rissa poi sfociata nella micidiale faida armata. «In quei momenti credevo di morire. Chiedo giustizia, chi ha fatto questo deve pagare. Voglio solo dire condoglianze alle famiglie delle vittime». Sono tre i morti nell’assurda strage di sabato notte: Salvatore Turdo di 23 anni, Andrea Miceli e Massimo Pirozzo di 26. C’è anche un secondo ragazzo ferito, non grave. Ma a rompere il silenzio oggi, mentre proseguono le indagini, è anche la madre di Salvatore Calvaruso, il 19enne fermato con l’accusa di aver fatto fuoco. «Mi dispiace per mio figlio, per le persone uccise, per tutto quello che è successo. Al momento non sappiamo nulla. Siamo distrutti», dice la donna al quotidiano online Livesicilia. «Anche mio figlio era un grande lavoratore», aggiunge ancora a proposito di Calvaruso, da ieri in carcere, trincerato dietro il silenzio dopo aver ammesso le sue responsabilità nelle prime dichiarazioni dopo il fermo.
Le indagini e il passo indietro dell’avvocato
Nelle prossime ore il pm Felice De Benedittis chiederà al gip la convalida del fermo del giovane: mercoledì mattina dovrebbe tenersi l’udienza. Calvaruso però da qualche ora ha un altro problema: deve trovarsi un nuovo avvocato. Quello assegnato nelle prime ore come difensore d’ufficio, infatti, ha gettato la spugna. «Dopo una lunga riflessione, tenuto conto del grande impegno che la vicenda richiede, mosso da grande senso di responsabilità e di rispetto nei confronti di chi, in un momento assai particolare e delicato della sua esistenza, ha deciso di affidarmi la sua difesa, mi trovo costretto a rinunciare alla stessa, poiché risulta assolutamente inconciliabile temporalmente con quella già assunta nell’ambito di tanti altri procedimenti di pari complessità», ha spiegato l’avvocato Giovanni Castronovo. I carabinieri sarebbero sulle tracce intanto di diversi altri sospetti complici, anche grazie a testimonianze e video. Sarebbero stati 4 o 5 i giovani palermitani a dar vita alla «spedizione punitiva». E uno di questi, sospettano gli inquirenti sulla base dei riscontri fin qui raccolti, avrebbe fatto fuoco insieme al fermato. L’arma di cui il 19enne si è disfatto, tuttavia, ancora non si trova.