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Roberto Saviano e la morte di zia Lalla: «Era la mia seconda madre»

28 Aprile 2025 - 06:41 Alba Romano
roberto saviano zia lalla
roberto saviano zia lalla
Lo scrittore ricorda la donna che l'ha cresciuto: «Abbiamo costruito imperi di Lego, collezionato insieme le squadre di Subbuteo»

Lo scrittore Roberto Saviano ricorda sua zia Lalla, ovvero Silvana. In un articolo sul Corriere della Sera dice che lei «non si era sposata e aveva insieme a sua sorella — mia madre — scelto di accudirmi. Aveva quindi scelto me e mio fratello come figli: non le eravamo capitati. Tutto ciò che sono porta la sua traccia, tutto ciò che non sarò mai più è segnato dalla sua assenza». L’autore di Gomorra dice che Silvana lo ha svegliato al mattino, lo ha accompagnato a scuola e gli ha insegnato come tenere forchetta e coltello. E ancora: «Mi ha rimpinzato di frullati, mi ha lavato e disinfettato le sbucciature; mi ha insegnato a rompere le uova di cioccolato con un pugno. Abbiamo costruito imperi di Lego, collezionato insieme le squadre di Subbuteo».

Rigore e principi

Soprattutto, dice Saviano, zia Lalla gli ha insegnato i suoi principi: «Un’etica rigorosa, a volte severa, ma che non voleva imporre a nessuno. Era la sua, e la praticava soltanto su sé stessa. Aveva rifiutato di lavorare in banca e persino di sposarsi, per non dover cedere ad altri alcun potere su di sé. Era lei, il suo spazio, la sua vita, che aveva voluto trascorrere con noi, in una dinamica che accade in molte famiglie italiane: due sorelle che diventano due madri per i nipoti. Io sono stato allevato così». Silvana amava anche gli animali e ora, dice Saviano, forse si trova «con le quattro tartarughe d’acqua dolce, con Miciurì il gatto rosso, con Bandito il meticcio trovato, con Merlino l’ultimo gatto vissuto troppo poco, e soprattutto con Oliver, il gatto più amato. E di certo, sull’uscio ad attenderla, ci sarebbe Darma, la cagnolina boxer con cui ha vissuto in simbiosi.».

L’addio a Caserta

Saviano dice che zia Lalla «non era mai riuscita davvero, dentro di sé, a comprendere quello che mi era capitato, né perché avessi deciso di finirci in mezzo: camorra e processi, minacce e accuse politiche. Non voleva troppo indagare nel mio animo; ha sofferto in silenzio, come tutta la mia famiglia, travolta da ciò che mi era accaduto. Ero solo un ragazzo, e tutto è andato in pezzi. Sono andate via da Caserta lei e mia madre, dove vivevano: pressioni, illazioni, dossier. Tutto veniva setacciato per trovare un appiglio contro di me, ma loro, di rigorosissima famiglia ligure, non offrivano nulla. Eppure pativano il vedermi bersaglio».

Saviano e zia Lalla

Mentre la sua famiglia ha dovuto cambiare città e mutare abitudini. E lei e la madre lo hanno anche difeso dalle battute «sull’aver rovinato la reputazione di una terra, il «si è arricchito sulle sventure» le consumavano di rabbia. Per loro, che avevano visto la vita ridursi a un torsolo. Silvana provava a seguirmi e ad assistermi quando, all’inizio, le scorte mi spostavano continuamente: lo faceva cucinando». E infine: «Mai mi perdonerò che Silvana si sia chiusa anche per questo: non voleva commerciare col mondo che aveva ferito così tanto suo nipote-figlio per scelta». E questo «l’ha portata a scivolare in una depressione che è stata prodromica alla demenza a corpi di Lewy».

Addio, zia Lalla

La conclusione: «Addio Zia Silvana, madre amata. Non sono stato capace di trovare parole che riuscissero davvero a incontrarti nel profondo, perché non erano le parole che volevi da me. Tutti pretendevano le mie parole, non tu. Noi ci trovavamo nei silenzi, fissandoci negli occhi, mangiando insieme, vedendo la tua smorfia per un mio vestito sbrindellato: smorfia sorniona identica a quella che ho ritrovato sul tuo volto poco fa, l’ultima che ho visto prima che il legno sigillasse la tua pace. La mia vita — quella silenziosa che per essere compresa non necessitava parole ma solo sguardi — è finita con te».

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