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La vera storia della donna inglese “condannata per un post social”

28 Aprile 2025 - 12:53 David Puente
I post social ignorano la reale condanna della donna e le sue responsabilità

A seguito della strage di Southport, in cui vennero uccise tre bambine, una donna inglese aveva pubblicato un post su X che le è costato una denuncia, un processo e una condanna a 31 mesi di reclusione. Secondo diversi post sui social, la donna sarebbe stata ingiustamente condannata per essersi semplicemente sfogata di fronte alla tragedia. In realtà, la narrazione social risulta parziale e non riporta i fatti reali della vicenda.

Per chi ha fretta

  • La donna si è dichiarata colpevole.
  • Il post non era un semplice sfogo, in quanto incitava all’azione violenta contro i migranti (in generale).
  • Non risulta essere l’unico post d’odio condiviso dalla donna.
  • A seguito del clamore suscitato dal suo post, lo ha cancellato.
  • Nelle chat con gli amici, aveva raccontato del post e della sua intenzione di negare di averlo pubblicato.
  • I post social non riportano la vera condanna ottenuta dalla donna.

Analisi

L’immagine viene condivisa con il seguente testo:

Una donna inglese madre di una bimba piccola è stata condannata a due anni e mezzo di reclusione, senza possibilità di cauzione, per un post pubblicato per due ore su X e poi cancellato. Nel post sfogava la sua rabbia per l’uccisione di tre bambine britanniche da parte di immigrati. Non bastava chiuderle il profilo per aver postato “hate speech”, no, l’hanno sbattuta in carcere.

Il testo è attribuito a Francesca Donato (DC). Ecco il suo post del 6 aprile 2025 su X:

La fonte principale è l’account @amuse, diventato particolarmente noto dopo una sua fake news sostenuta anche da Elon Musk.

Il contesto

Questa vicenda è legata alla strage di Southport, dove un giovane inglese di origini ruandesi è stato accusato di aver ucciso con un coltello tre bambine. Su questa storia sono circolate diverse fake news, come quella che legherebbe la strage al telefilm alla serie Netflix “Adolescence”. La donna citata nei post e nell’immagine condivisa online si chiama Lucy Connolly e, a seguito della strage, ha pubblicato diversi post d’odio sui social.

Il vero reato contestato

Lucy Connolly si era dichiarata colpevole e risulta condannata a 31 mesi nell’ottobre 2024 per il reato di “distribuzione di materiale con l’intenzione di incitare all’odio razziale”. Non si tratta di una recente fantomatica “forma di censura” contro la libertà di espressione, in quanto il reato è previsto secondo il Public Order Act del Regno Unito del 1986.

Per quale post era stata condannata? Per aver incitato di “dare a fuoco i fottuti hotel pieni di bastardi” con al loro interno anche il governo e i politici britannici. Nonostante la cancellazione del post, dove si dichiarava razzista con orgoglio (“Se questo mi rende razzista, così sia”), sono stati riscontrati ulteriori pubblicazioni razziste al fine di incitare l’odio contro i migranti.

Secondo le indagini, Lucy Connolly aveva inviato diversi messaggi Whatsapp in cui raccontava del suo post su X e che, in caso l’avessero interrogata sui contenuti, avrebbe negato di averli scritti o addirittura giocato la carta dell’infermità mentale per sottrarsi alla giustizia.

La condanna

La Corte ritiene che il reato fosse condannabile per tre anni e mezzo di reclusione. Tuttavia, considerata l’ammissione di colpevolezza, l’assenza di precedenti, l’età della donna e il fatto che fosse una madre, la pena è stata ridotta a 31 mesi: il 40% in reclusione e il restante in libertà vigilata, a condizione che non ripeta più reati simili durante il periodo restante.

Il fallimento di Community Notes

Attualmente, in data 28 aprile 2025, il post X di @amuse ha ottenuto oltre 62 milioni di visualizzazioni dalla data della sua pubblicazione (5 aprile 2025).

Dal 6 aprile sono presenti diverse note che forniscono il reale contesto della vicenda, ma non risultano approvati e visibili al pubblico.

Conclusioni

Non è stata, dunque, condannata per un “semplice post”. Di fatto, la Corte ha ritenuto che Lucy Connolly abbia intenzionalmente incitato alla violenza attraverso i suoi post social, tentando inoltre di negare di averli pubblicati. Alla fine, di fronte alle evidenti prove raccolte sul suo operato, si è dichiarata colpevole.

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