Andrea Scanzi sceglie Maurizio Belpietro tra i giornalisti pro Meloni: «Sembra Wagner al confronto di Sechi e Sallusti»


Nella sua rubrica “Identikit” sul Fatto Quotidiano Andrea Scanzi si diverte a compilare la sua pagella ai giornalisti «meloniani» che ha incontrato in dibattiti televisivi, descrivendo per ognuno di loro una corrente di pensiero. Così il direttore di Libero, Mario Sechi, inaugura il “sechismo”, che secondo Scanzi sarebbe una «branca del pensiero che, di fatto, rinuncia al pensiero stesso per difendere sempre e comunque la Meloni. Discutere con un sechista è del tutto inutile, perché lui – appunto – non pensa ma tifa. Non argomenta ma celebra (o insulta)». Seconda corrente di pensiero quella capeggiata da Italo Bocchino, e ribattezzata “bocchinismo”. Per Scanzi sarebbe una «variante più incarognita e compiaciuta del sechismo. Il bocchinista (con rispetto parlando) si vanta del suo essere sgradevole, schierato e malamente curvaiolo».
Sallustisti e crucianisti demoliti dal polemista del Fatto Quotidiano
C’è spazio anche per il direttore del Giornale Alessandro Sallusti e naturalmente il suo “sallustismo”. Che sarebbe poi la «deriva moscia, caricaturale, abbrutita e sommamente vuota dei “pensieri” precedenti. Il sallustista vorrebbe avere argomenti ma non ne ha, vorrebbe avere visibilità ma per carità, vorrebbe avere credibilità ma ciao core». Nel Pantheon c’è pure il “crucianista” per indicare i seguaci di Giuseppe Cruciani, ma «il crucianista è unicamente interessato al far parlare di sé, e in questo (soprattutto in radio) è bravissimo. La politica gli interessa solo in funzione del poter allargare la sua fama». Spazietto pure per Claudia Fusani e il “fusanismo”, che in teoria meloniana non sarebbe, ma «da sempre esiste un equivoco, vuoto e insopportabile “centrosinistrume” così respingente da far venir quasi voglia di rivalutare Crosetto».
Lo strano amore di Scanzi per Belpietro e Borgonovo (esteso anche a Giordano)
Il preferito di Scanzi è però il direttore de La Verità, Maurizio Belpietro, capo della corrente del “belpietrismo”. A cui concede l’onore delle armi, spiegando come questa sia «la sfumatura più puntata e preparata del giornalismo di destra italiano. Spesso sopra le righe, provocatorio, teo-con, (ahilui) no-vax e maramaldo, deliberatamente scorretto e puntualmente opposto a qualsivoglia afflato woke, il belpietrista – così come la sua versione più giovanile borgonovista – ha un grande pregio che manca alle altre correnti destrorse: è preparato. Spacca il capello in quattro (anche quando sa di avere torto marcio). Non si fa prendere quasi mai in castagna». Il confronto con gli altri direttori secondo Scanzi sarebbe impossibile: «Tra un Belpietro e un Sallusti, o un Borgonovo e un Sechi, passa la stessa differenza che intercorre tra Wagner e Marcella Bella». Salvato in parte anche il “giordanismo” di Mario Giordano: «Per tanti versi simile al belpietrista, aggiunge a ciò una propensione teatrale e gigiona nell’approccio televisivo (soprattutto quando conduce). È munito di autocritica e, come il belpietrista, ha molte idiosincrasie: tra queste, i renziani e i professionisti dell’antifascismo di facciata».