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Bari, arrestato Don Nicola D’Onghia: «Era al telefono quando ha travolto la ragazza in moto, poi è fuggito»

29 Aprile 2025 - 11:47 Alba Romano
don nicola donghia omicidio stradale domiciliari
don nicola donghia omicidio stradale domiciliari
Gl inquirenti non credono alla versione del parroco di Turi, che sosteneva di non essersi accorto di aver investito Fabiana Chiarappa

Sono scattati gli arresti domiciliari per don Nicola D’Onghia, il parroco di 54 anni indagato per omicidio stradale aggravato dalla fuga e dall’omissione di soccorso. Il prete è accusato di aver ucciso Fabiana Chiarappa, morta dopo essere stata investita lo scorso 2 aprile mentre viaggiava in sella alla sua moto sulla provinciale 172, tra Turi e Putignano, in Puglia. Secondo quanto emerge dalle indagini, la 32enne ha perso l’equilibrio ed è caduta dalla moto dopo essere stata colpita da un’auto: 20 secondi, già a terra, è stata travolta dalla Fiat Bravo guidata da don Nicola D’Onghia. Il quale fino a 11 secondi prima dell’impatto stava utilizzando il cellulare. A quanto emerso dall’autopsia, Chiarappa sarebbe morta perché colpita alla testa dall’auto, e trascinata sull’asfalto per alcuni metri.

Le telefonate al volante prima dell’impatto

Secondo gli inquirenti, l’utilizzo del cellulare fino a pochi secondi prima dell’impatto tra la sua Fiat Bravo e il corpo di Fabiana Chiarappa avrebbe distratto don Nicola D’Onghia in modo da impedirgli di accorgersi tempestivamente della presenza sull’asfalto della 32enne, caduta pochi secondi prima. Il parroco 54enne, sacerdote nella chiesa di san Giovanni Battista di Turi (Bari) e docente della facoltà teologica pugliese, fino a poco prima dell’incidente era al telefono con una persona e, dopo aver chiuso, ha provato a chiamare ripetutamente un altro uomo. Appena 11 secondi dopo l’ultimo tentativo, avrebbe colpito Fabiana Chiarappa, a terra dopo aver perso il controllo della Suzuki. Inoltre il prete, secondo la ricostruzione dei pm, avrebbe guidato a una velocità non adeguata alle circostanze di tempo (era sera) e di luogo (una strada stretta e buia, con asfalto scivoloso a causa dell’umidità). A confermare l’uso del cellulare negli attimi immediatamente precedenti all’incidente è l’analisi dei tabulati telefonici di D’Onghia la cui versione, secondo la quale non si sarebbe accorto di nulla se non di aver urtato qualcosa («una pietra, un sasso», ha detto a carabinieri e pm) non è stata ritenuta credibile dagli inquirenti.

La versione di don Nicola e quelal degli inquirenti

Don Nicola D’Onghia ha raccontato di aver avvertito un rumore provenire dal pianale dell’auto. Ma ha anche assicurato di non essersi accorto né della moto né della ragazza. D’Onghia – 54 anni, parroco di Turi e docente della Facoltà Teologica pugliese – avrebbe scoperto della morte di Chiarappa soltanto leggendo i giornali il giorno successivo. A quel punto, avrebbe chiamato il suo avvocato per dirgli che era passato con la sua auto proprio nel tratto di strada in cui aveva perso la vita la 32enne. «Io non mi sono accorto di nulla, era buio anche perché la zona è scarsamente illuminata», aveva detto il prete. Ma gli inquirenti non gli credono. Come ricostruito dalle indagini, infatti, meno di 20 secondi dopo aver avvertito il rumore D’Onghia si sarebbe fermato in una stazione di servizio distante poche centinaia di metri per controllare eventuali danni all’auto. Dopo aver notato come l’auto fosse danneggiata, avrebbe chiamato la sorella per chiedere aiuto. Ma poi, dopo aver visto che sulla strada si creava traffico e dopo aver notato le sirene blu di ambulanze e auto dei carabinieri, non si sarebbe preoccupato di verificarne il motivo, decidendo di rientrare a casa insieme alla sorella e al cognato. Sulla macchina, oltre tutto, sono state rietrovate evidenti tracce di sangue. Anche per questo nei suoi confronti, il gip ha ritenuto esistenti i pericoli di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato e disposto la misura cautelare.

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