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Sirene, poeti e acquafrescai: la storia di Napoli attraverso i suoi simboli dimenticati

Se nella prima puntata di Crossroads Napoli gli attivisti di Sii Turista hanno denunciato una certa tendenza napoletana a non riscattare dagli stereotipi l’immagine della città (qua!), in questo episodio mi hanno rivelato un trucco: conoscere la storia napoletana è la strada per abbattere quegli stereotipi.

E così, insieme abbiamo fatto un viaggio nel passato, partendo dai miti greci e da Virgilio, passando per l’epoca della controriforma, fino ad arrivare alle storie più contemporanee e alle professioni di altri tempi che nutrono ancora l’identità della città.

Quanta gente passa, di fretta, di fianco a castelli che hanno cambiato il corso della storia senza neanche alzare lo sguardo? Ecco, cominciamo proprio da questi luoghi.

Di obelischi, come dice Giulia Castaldo, a Napoli ce ne sono molti. Uno da conoscere assolutamente è quello dedicato a San Gennaro nella Piazza Cardinale Sisto Riario Sforza. “Questa è una piazza poco conosciuta al grande pubblico – spiega Castaldo -, c’è anche l’antico ingresso al duomo di Napoli”.

Il Castel dell’Ovo è un simbolo di Napoli non solo grazie alla storia della sirena Partenope, che su questo scogliò venne a morire dopo aver fallito il tentativo di seduzione di Ulisse, ma anche grazie a Virgilio. “Il sommo poeta è molto presente a Napoli, nonostante possa sembrare insolito”, racconta Medea Mecca. “E’ divertente pensare a Virgilio come una specie di Clark Kent; un uomo con una doppia identità: poeta e mago” La leggenda narra infatti che il castello si chiami così perché Virgilio nascose al suo interno un uovo per proteggere la città. Finché l’uovo non si rompe, Napoli sarà salva.

E se è vero che le mura di Napoli trasudano così tanta storia che troppo spesso non viene valorizzata da chi ogni giorno attraversa la città, c’è chi invece ha dedicato la sua vita ad assicurarsi che anche i frammenti più umili della storia di Napoli non vadano persi. E’ il caso del collezionista Gaetano Bonelli, che da più di trent'anni raccoglie souvenir, documenti, oggetti per tracciare un viaggio nella memoria partenopea.

Sono andata a visitare la sua incredibile collezione esposta nella fondazione Casa dello Scugnizzo nel quartiere dell’Arte di Materdei. E l’ho sfidato a trovarmi cinque oggetti che raccontano la storia di Napoli in meno di cinque minuti. Ci sarà riuscito?

A Napoli c’è chi la storia la preserva portando avanti alcuni dei mestieri più antichi, che racchiudono un grande senso di identità napoletana ma che con gli anni stanno andando perduti.

Carolina Guerra fa la “acquafrescaia” in un caratteristico chioschetto a Piazza Trieste e Trento. Vendere acqua, spremuta e limonata in piazza rappresenta un pilastro della cultura popolare napoletana. Carolina mi ha raccontato il suo mestiere, e – soprattutto – mi fatto assaggiare la sua famosissima “gazzosa a cosce aperte”.

Gennaro D’Angelo fa il ristoratore di mobili antichi: un mestiere che a Napoli si tramanda – come nel suo caso – di generazione in generazione, dato che la città è uno scrigno del tesoro di opere d’arte da preservare.

Se ti è piaciuto questo assaggio di storia napoletana, con l’app di Sii Turista Della Tua Città puoi lanciarti a capofitto ancora di più nella storia di Napoli, esplorare scorci secolari di cui ignoravi l’esistenza. Nei prossimi episodi di Crossroads Napoli parleremo di religione e scaramanzia, e poi, ovviamente, di cibo! Per scaricare l’app, clicca qua per Android e qua per dispositivi Apple.

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Supervision: Francesca Simili
Production: Sofia Quaglia

In collaborazione con Pasta Garofalo.

Questi contenuti sono stati sponsorizzati da Garofalo