In un sottile spicchio di terra, incastrato al confine tra la Romagna, le Marche e la Toscana, si trova la Valmarecchia, la valle che costeggia il fiume Marecchia tra Rimini e l’entroterra. Si tratta di una zona costellata di piccoli borghi arroccati, così medievali che sembrano usciti dalle cronache di Narnia, lontani dall’immaginario classico della riviera romagnola.
Conformazioni geologiche uniche e un grande sentimento di appartentenza delle piccole realtà che lo popolano hanno dato vita a veri campioni di creatività enogastronomica, sociale e artigianale.
“Questo pezzo di Italia a livello geologico è completamente diverso da quello che puoi trovare al Nord e al Sud”, mi spiega il geologo Mauro Guerra. “Si chiama infatti la ‘coltre di Valmarecchia’ perché c'è proprio un’interruzione: una macchia che interrompe la continuità morfologica delle aree circostanti, da cui affiorano tante forzezze.
Sopra le nuvole e la nebbia di questa valle d’argilla spuntano paesini incastonati su massi giganti - una volta irraggiungibili - pieni zeppi di castelli e chiese un tempo dedicati alla difesa dei comuni e alla venerazione degli dei.
“Questo si deve alla frammentazione della valle a livello amministrativo. Qui siamo al limite tra Marche, Emilia Romagna, Toscana e Repubblica di San Marino. Si diventa matti girando in macchina: in una giornata cambi tre regioni ed entri in uno Stato diverso”, dice Guerra, che è anche stato sindaco di un comune del Marecchiese per nove anni. L’amministrazione del territorio è stata oggetto di continui cambiamenti: fino al 2009 sette comuni della Valmarecchia erano nelle Marche (in provincia di Pesaro) e non in Romagna.
“Tutte queste condizioni ambientali e amministrative hanno inciso molto sullo sviluppo della comunità”, dice Guerra. “E oggi, con un mondo un po’ diverso, queste condizioni sono diventate dei valori”
In un tempo in cui abbiamo ricominciato a dare importanza al chilometro zero, alle produzioni autoctone di qualità, e faremmo di tutto per allontanarci dal caos cittadino, la Valmarecchia è il luogo perfetto per le nostre fughe: esempio di tradizione e innovazione.
Vieni con noi a scoprire quattro storie uniche di innovatori – alcuni giovanissimi – che hanno saputo sfruttare al meglio le caratteristiche (un po’ fiabesche) della Valmarecchia.
San Leo, capoluogo culturale e turistico della Valmarecchia, è un paesino di circa 70 abitanti ben ancorati alla tradizione. Appena arrivata, la prima persona che osservo è una signora che dettava alla vicina la sua ricetta dei tortellini dalla finestra. Dopo due giorni, mi conoscevano già tutti. Nel paese ho poi incontrato alcuni ragazzi che queste tradizioni non le vogliono perdere, e vogliono rilanciare la Vamarecchia.
Insieme hanno fondato la Cooperativa di Comunità Fer-Menti Leontine con l’obiettivo di offrire i servizi che mancano in questa zona e di dare opportunità ai loro coetanei.
E come ci son giovani che prendono in mano imprese storiche, ce ne sono altri che lanciano nuovi progetti (anche un po’ inusuali), sfruttando al massimo le opportunità agricole della zona. Così, a Pennabilli nasce l’omonimo Zafferano di Pennabilli, “pura passione in purissimi stimmi”.
Nicola Pula, che lavora in un’azienda di metalmeccanica, prima di iniziare la giornata passa dai suoi campi di zafferano, e, prima di concluderla, distribuisce il suo prodotto ai ristoranti locali.
Le vaste distese di verde della Valmarecchia sono ideali anche per l’allevamento. Esempio per eccellenza è l’allevamento di capre cashmere. Questi animali, famosi per la loro lana (tra le più ricercate al mondo), sono originari dell’Himalaya ma hanno trovato nella valle una terra d’adozione unica per i loro pascoli.
A Montemaggio Luigi e Silvia Selleri ospitano 25 capre cashmere. “Alla base della nostra attività ci sono l’amore e la cura per l’ambiente”, dice Luigi. “Certo, lanciare attività sostenibili in questo territorio – continua – è anche un po’ una sfida”.
Ma non c’è solo importazione d’eccellenza dello zafferano e del cashemere. In Valmarecchia c’è anche chi vuole riportare in vita tradizioni storiche ormai dimenticate, come ad esempio la lavorazione del grano, la coltura più diffusa nella zona.
A Ponte Messa, i sei soci di Cooperativa Valmarecchia Bio Natura hanno lanciato un progetto per riesumare la coltivazione dei grani antichi della zona, grani che con la coltura chimica stavano andando perduti. Per ora coltivano undici grani antichi diversi: ecco la loro storia.
Per fare in modo che visitatori come me possano addentrarsi ancora di più nel cuore dei paesaggi e delle piccole aziende di queste terre, ad aprile 2021 aprirà l’Albergo Diffuso San Leo, un’iniziativa volta a ospitare i turisti in un’unica struttura ricettiva composta da una rete di antichi palazzi inutilizzati e seconde case del paese messe a disposizione dai proprietari.
“Non solo è un’opzione sostenibile per fare “hospitality” preservando la struttura naturale di un paese ricco di infrastrutture antiche come questo”, mi spiega Marco Martini, che ha lanciato l’iniziativa con la sua compagna Francesca Berardi. “Così, ci si può immergere completamente nella vita del villaggio maturando esperienze di vita vera, proprio come quelle che hai fatto tu”.