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Lo showbiz americano trema per le rivelazioni su Puff Daddy: «Sarà il #Metoo dell’industria musicale»

23 Settembre 2024 - 19:18 Gabriele Fazio
Il rapper americano resta in carcere con gravissime accuse mentre si moltiplicano testimonianze che dipingono un quadro di abusi e violenze. Ecco cosa sta succedendo

Il famoso rapper americano Diddy (noto come Puff Daddy), arrestato a Manhattan per tratta di esseri umani e racket, continua a dichiararsi innocente. Il suo avvocato Lil Rod ha dichiarato: «Non vediamo l’ora di provare, in un tribunale, che tutte le affermazioni del signor Jones sono inventate e devono essere respinte», ma lui resta in carcere a Manhattan, sotto stretta sorveglianza perché si teme un tentativo di suicidio, mentre il tribunale ha già negato due volte la libertà su cauzione. L’imminente processo sta mandando in tilt l’intero showbiz americano, perché a quelle famose feste che hanno contribuito all’incriminazione del rapper e producer americano partecipavano i più importanti vip degli Stati Uniti. Niente di segreto, anzi, i famosi White Party con ospiti stellari nella megavilla al numero 40 di Hedges Banks Drive negli Hampton erano diventati materiale da leggenda del gossip. Ora però si ride molto meno oltreoceano, perché cominciano a fioccare le testimonianze di ciò che accadeva in quelle occasioni. Tanto che il New York Times lo definisce già il #MeToo dell’industria musicale.

Le dichiarazioni di Shyne

Venerdì il rapper Shyne, origini del Belize, uno dei suoi storici protetti, oggi a capo dell’opposizione nella Camera dei rappresentanti del Belize, durante una conferenza stampa, ha affermato che non augurerebbe a nessuno di incontrare sulla sua strada un uomo come Puff Daddy, che nel 1999 lo coinvolse in una sparatoria in un locale di New York nella quale rimasero ferite tre persone che gli costò otto anni di prigione, la deportazione in Belize e la fine di una carriera ottimamente avviata. Sean Combs, questo il vero nome di Puff Daddy, invece fu scagionato, anche dall’accusa di possesso illegale di arma da fuoco e dal tentativo di affibbiare il reato al suo autista. Giovedì invece è stato uno spacciatore a farsi avanti, raccontando di quella volta che portò della cocaina a casa di Puff Daddy: «Stavano iniziando a succedere cose strane, c’erano ragazzi famosi che si scopavano a vicenda, e delle camere da letto sul retro: era come il sancta sanctorum. Vedevo due persone che non avrei mai pensato si incontrassero, due rapper, e questo mi ha scioccato. Non farò nomi, ma ci sono stati rapper per i quali ho perso subito il rispetto e che non ho più potuto prendere sul serio. Fu allora che me ne andai da lì».

Le 48 ore segrete di Justin Bieber e Diddy

Assume a questo punto connotati piuttosto inquietanti il video, poi reso pubblico tramite l’account YouTube ufficiale di Justin Bieber, in cui l’allora giovanissimo cantante passa 48 ore di fila con Puff Daddy. Siamo nel 2009, nel video il rapper promette alla popstar di regalargli una Lamborghini per il suo sedicesimo compleanno, e lo invita ad «andare a prendere alcune ragazze». «Cosa faremo?» chiede Bieber. «Cosa faremo? – risponde Puff Daddy – Non possiamo rivelarlo ma è sicuramente il sogno di ogni 15enne».

Cronologia degli eventi: dalla ex a Rodney “Lil Rod” Jones

Negli Stati Uniti già da diversi mesi sono note le denunce ricevute dal rapper. L’impressione è che, come nel caso Harvey Weinstein, come in un effetto domino, a poco a poco stiano venendo fuori tutte le nefandezze possibili. A scoperchiare per prima il vaso di Pandora è il 16 novembre dello scorso anno l’ex fidanzata Cassie Venture, che ha accusa Diddy, così è soprannominato Puff Daddy, di averla costretta, dal 2005 al 2018, a fare sesso sotto effetto di droghe con gigolò mentre lui si masturbava e riprendeva. La denuncia parla anche di innumerevoli, costanti e selvagge violenze fisiche e sessuali. Non solo, pare che quando il rapper Kid Cudi si interessò romanticamente a lei, Diddy gli fece saltare in aria l’automobile. Tutto però venne messo a tacere e non si arrivò mai in tribunale perché il giorno dopo, il 17 novembre, Puff Daddy raggiunse un accordo extragiudiziale con la sua ex (18 anni più giovane), un accordo commentato dallo stesso rapper così: «Abbiamo deciso di risolvere questa questione in via amichevole. Auguro a Cassie e alla sua famiglia tutto il meglio».

Passano solo pochi giorni, siamo al 23 novembre, e un’altra donna si fa avanti per denunciarlo. Si chiama Joi Dickerson-Neal, ex studentessa della Syracuse University, che sostiene di aver conosciuto il rapper al Wells Restaurant di Harlem, che le avrebbe messo qualcosa nel bicchiere che l’avrebbe ridotta in uno stato fisico che non le permetteva «di stare in piedi o camminare autonomamente». La cosa viene silenziata con una contro-accusa di «tentativo di guadagno», così come commentò un portavoce della star all’epoca. Non passano nemmeno 24 ore, e il 24 novembre viene fuori un’altra testimonianza di reato. Stavolta a prendere parola nelle opportune sedi è l’attrice Jane Doe, secondo la quale all’inizio degli anni ’90 Puff Daddy, alternandosi con il cantautore Aaron Hall, si sarebbe reso protagonista dello stupro ai danni suoi e di una sua amica. La difesa, che arriva ancora tramite portavoce, è sempre la stessa: «Si tratta di affermazioni inventate che accusano falsamente di cattiva condotta risalente a oltre 30 anni fa e presentate all’ultimo minuto. Non è altro che un tentativo di accaparrarsi denaro». Ancora qualche giorno (6 dicembre) e arriva un’altra denuncia, stavolta da una ragazza che nel 2003 aveva 17 anni: racconta che Puff Daddy l’avrebbe fatta arrivare in aereo a New York e avrebbe abusato di lei nei suoi studi di Manhattan in compagnia di Harve Pierre, per lungo tempo presidente della sua etichetta discografica Bad Boys, e da una terza persona. Circa una settimana dopo, il 14 dicembre, Hulu decide di cancellare la produzione dello show Diddy+7, secondo quanto scrisse ai tempi Variety, proprio a causa delle continue accuse. È invece un uomo a rendere pubbliche, il 26 febbraio di quest’anno, le molestie ricevute da Diddy dal settembre 2022 al novembre 2023, quando riprendeva la lavorazione dell’ultimo album del rapper. Lui si chiama Rodney “Lil Rod” Jones e racconta di continui «palpeggiamenti ai genitali e all’ano» per convincerlo a fare sesso. La richiesta di risarcimento ammonta a 30 milioni di dollari. In quel caso Puff Daddy minimizzò la cosa sostenendo che si trattasse di scherzi.

L’irruzione in casa e l’arresto

Le autorità (federali) si attivano nei suoi confronti con l’inchiesta lo scorso 25 marzo, quando fanno irruzione armati nelle case di Miami e Los Angeles e portano via intere scatole di potenziali prove. Una fonte rivelerà poi che erano alla ricerca del telefono e del computer di Puff Daddy. Il 17 maggio la Cnn entra in possesso e pubblica un video che mostra Combs mentre spinge, prende a calci e trascina Cassie Ventura in un corridoio dell’InterContinental Hotel di Los Angeles. Era il 5 marzo 2016, Diddy prova ad acquistare i filmati di sorveglianza dell’hotel per 50mila dollari ma vengono fuori ugualmente. Ormai non ci sono più scuse e tramite un video su Instagram si prende la totale responsabilità dell’accaduto, ammette che non ci sono giustificazioni per quello che definisce un atto «disgustoso». A quel punto, siamo arrivati al 23 maggio, si fa avanti anche Crystal McKinney, ragazza vincitrice, nel 1998, del concorso di bellezza organizzato da MTV Model Mission. L’incontro con Combs avviene a un evento della Men’s Fashion Week nel 2003: lei ha 22 anni. Sean le dice che può aiutarla a fare carriera nella moda, lui la invita nel suo studio sulla West 44th Street e, secondo quanto recita la causa, la obbliga a praticargli sesso orale. Lei non denuncia ma conserva in una busta di plastica i vestiti che indossava quel giorno. Passano appena due giorni e a presentarsi dinanzi alle autorità intenta a denunciare è April Lampros, ex studentessa del Fashion Institute of Technology di New York City, che sostiene di aver subito quattro molestie sessuali da Puff Daddy tra la metà degli anni ’90 e l’inizio dei 2000. Il 15 giugno Eric Adams, sindaco di New York, revoca la consegna delle chiavi della città a Puff Daddy, così come la Howard University ritira la laurea honoris causa e restituisce la donazione di un milione di dollari. Il 3 luglio si accendono infine i riflettori sui suoi famosi White Party: a parlare è l’ex pornostar Adria English, che dice di essere stata costretta a far sesso mentre lavorava come ballerina. Combs è stato arrestato il 16 settembre al Park Hyatt New York dalla Homeland Security Investigations. Resterà in carcere e il mondo dello spettacolo Usa comincia a tremare.

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